giovedì 11 agosto 2011

Nuove opportunità per i terreni agricoli? Una amara riflessione dal Nord-Italia/2


Ricevo e pubblico da Granturco, che non ha ancora dimestichezza con il mezzo, il seguente articolo:


Il business delle rinnovabili per come si è sviluppato nel Nord-Italia, ha coinvolto soggetti con ampie disponibilità finanziarie, sebbene in alcuni casi non disponessero spesso di terra a sufficienza o addirittura, non ne disponessero affatto.

E' nata cosi l'esigenza, da parte dei promotori di alcuni progetti di impianti e successivamente produttori di energia, di assicurarsi il possesso dei terreni o in alternativa, nel caso specifico di impianti di biogas, la fornitura di biomasse di origine agricola, prevalentemente trinciati, con contratti di fornitura concepiti secondo le loro esigenze e proposti agli agricoltori di aree maidicole idonee. Nonostante in alcuni casi fossero assistiti da organizzazioni sindacali, i maiscoltori non hanno, purtroppo per loro, colto alcune criticità dei contratti proposti, le cui principali vado di seguito ad elencare:
  • mancanza di copertura dei rischi di aumento dei costi di produzione;
  • prezzo base della biomassa conferita, correlato all'andamento dei prezzi del mais, ma con un tetto minimo (150 euro/ton) e massimo (200 euro /ton circa) che se garantiva dai prezzi minimi (mai peraltro verificatisi da quel momento), non ha consentito di beneficiare dell'aumento dei prezzi delle commodities oltre i 200 euro/ton;
  • buona redditività, raggiungibile soltanto con rese produttive elevate, ma troppo ottimistiche, per i parametri commerciali richiesti, di trinciato.

A queste, se ne sono aggiunte, in condizioni di avverso andamento meteorologico altre, che sebbene facilmente prevedibili, sono tuttavia rimaste a carico dell'agricoltore fornitore:
  • mancanza di sufficienti e idonee attrezzature per gestire la raccolta di superfici superiori alle previsioni, e/o in periodi diversi dallo standard del trinciato a uso zootecnico;
  • rigidità dell'ordinamento colturale, imposto dal contratto, che in situazioni climatiche e stagionali sfavorevoli, hanno causato problemi di compattamento dovuto ai mezzi pesanti, costretti, ad entrare in campo, dal ristretto periodo utile di raccolta; 
  • approssimativa valutazione dei problemi agronomici, ambientali, normativi, legati allo smaltimento ed al reintegro dei digestati e relativo costo.

Queste carenze contrattuali stanno facendo emergere, malcontenti che parafrasando e semplificando i contratti sembrerebbero risolversi con :
Articolo 1 : l'acquirente di biomasse ha sempre ragione,!!! E gli altri articoli fanno sempre riferimento all'articolo 1 (per chi non lo avesse capito)

Si son create quando i contratti furono proposti, tante aspettative, e anche se è relativamente affrettato trarre conclusioni, occorre indubbiamente rilevare che:
-gli effetti sul terreno sono visibili (nel video sotto)

la sottrazione di materia prima ad uso alimentare e zootecnico sta creando altri problemi molto gravi.

In conclusione, possiamo affermare tranquillamente che:
  • fino ad ora, ci ha guadagnato concretamente soltanto chi ha realizzato i progetti, compravendite, intermediazioni, forniture e servizi.
  • negli impianti non gestiti direttamente dall'agricoltore le idee, l'esperienza, l'attitudine al lavoro, sono molto poco agricole, (di agronomi ve ne sono pochi, non sempre competenti e con i piedi per terra), ma i costi fissi relativi alle voci salari, stipendi, consulenze e servizi sono comunque spesso elevati e sovente indipendenti dalla effettiva resa dell'impianto, rendendo così il processo produttivo di biomasse destinate alla produzione di biogas, in alcuni casi anti-economico o al limite della convenienza, anche con gli incentivi, di cui, occorre ricordarlo, non beneficia il produttore/fornitore di terreni e biomasse.
     

Va inoltre ricordato, a chi si occupa e a qualunque titolo di politica agricola, che l'agricoltura funziona ancora, seppur stentatamente, se il lavoro e i servizi sono retribuiti in base alla produttività reale, a cui occorre tuttavia sottrarre i notevoli e non sempre contemplati costi sostenuti, a differenza di altri settori dove l'organizzazione e la retribuzione del lavoro sono più tutelati, in quanto legati al tempo impiegato, ed al netto dei principali costi sostenuti e non cosi fortemente influenzati da condizioni ambientali aleatorie.
Per questi motivi anche i più temerari ed intraprendenti imprenditori agricoli sono consapevoli del fatto che, nel caso mettano a disposizione i loro terreni e la loro azienda, rischiano non solo lavoro e capitali, ma se gira male restano senza potere decisionale (praticamente sgraditi ospiti in casa propria), con gli impianti sul terreno, i debiti e le ipoteche sovente su tutto quello che possiedono.
Con il senno di poi, credono molto meno, alla "dritta" (sulle rinnovabili) che ti fa salire sul mezzo giusto mentre la maggioranza agricola arretrata, resta legata alla terra...nel fango.
Gli agricoltori veri e produttivi, invece, sono sempre stati consapevoli che il fango fa parte, solo del loro lavoro.

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