mercoledì 29 giugno 2011

Semente certificata 4/Disinformazione, Incompetenza o Distrazione?

Traggo spunto da un lancio di Agenzia Agi del 16/06/2011 (soltanto ora trovo il tempo per affrontare la questione in maniera spero  adeguata) riguardante il generale problema del declino della coltura del grano duro in Italia e del sempre minor utilizzo di semente certificata (in proporzione ancora maggiore), per sviluppare alcune considerazioni.

La versione completa del comunicato la troverete qui
Bene, iniziamo dall’incipit:
“Bologna, 16 giu. - "Occorre urgentemente arrestare il declino della produzione di grano duro italiano, se vogliamo garantire prospettive produttive e di reddito a molte aree del centro-sud Italia e soprattutto tutelare il "made in Italy" della pasta, dato che oggi l'industria e' arrivata ad approvvigionarsi all'estero per il 50% del proprio fabbisogno.
 L’Agenzia parte con una dichiarazione assolutamente vera e condivisibile. Anche io non posso che plaudire alle precedenti parole.

“Nello stesso tempo e' necessario salvaguardare l'utilizzo delle sementi certificate, strumento insostituibile per incrementare la produttivita' ed il miglioramento qualitativo"
Successivamente alla brillante e giusta introduzione si inserisce un nuovo argomento apparentemente consequenziale ma in realtà collaterale. Molteplici, infatti, potrebbero essere le strategie per raggiungere l’obiettivo di aumentare la produttività del duro. Tuttavia è evidente che un Presidente di Assosementi non potrà che puntare sugli aspetti prettamente sementieri. Siamo umani anche noi, sin qui niente di male, si tratta di una sorta di rivendicazione di categoria, alla fin fine, comprensibile.”

 Lo sottolinea Polo Marchesini, presidente di Assosementi, l'organizzazione nazionale che con oltre 170 aziende associate rappresenta tutti i comparti sementieri (mais ed oleaginose, cereali e riso, ortive, foraggere, bietola da zucchero), per un fatturato di settore di circa 750 milioni di euro. Marchesini ha inviato una lettera aperta agli assessori regionali dell'agricoltura ed al Ministro delle politiche agricole Romano in vista della prossima discussione sui pagamenti dell'art. 68 della PAC.
Urka quanti soldini in ballo, ma in realtà probabilmente potrebbero essere anche di più. E qui si comincia ad esercitare discutibile azione di lobbing (a mio avviso). Si chiede insomma al governo, in maniera velata, di riconsiderare l’ipotesi di legare l’utilizzo della semente certificata ad un premio comunitario vigente (come già avvenne in passato per 15 lunghi anni), ma sinora basato soltanto su presupposti ambientali.

"Dal 2004 la cerealicoltura italiana ha perso circa 685.000 ettari di grano duro, cioe' un terzo della superficie, equivalente ad una produzione di circa 2 milioni di tonnellate di granella, quantitativo che a sua volta corrisponde ad 1/3 del fabbisogno dell'industria molitoria nazionale" - precisa Assosementi. 
Si reintroduce rafforzata la giusta considerazione iniziale per poi iniziare il pianto greco (apparentemente unico vero scopo di tutto questo melodrammatico comunicato, a mio parer):

Altrettanto impressionanti sono i danni subiti dall'industria sementiera nazionale, la quale a seguito del disaccoppiamento degli aiuti PAC per il grano duro dal 2004 ha perso il 65% delle vendite di seme certificato, l'unica fonte in grado di sostenere la ricerca genetica privata ed il rinnovo delle varieta' coltivate"
Certo, passando da un sistema di acquisto obbligato, al libero mercato è evidente che se il prodotto è scadente non si vende. Sui brillanti risultati della ricerca sul grano duro degli ultimi anni vi invito a leggere il mio precedente post: Semente certificata/3 Chi è causa del suo mal…

Per invertire la rotta chiediamo pertanto agli Assessori regionali dell'agricoltura ed al Ministro Romano - aggiunge il presidente di Assosementi - di aiutare la filiera del grano duro dando piena applicazione al piano cerealicolo nazionale, ma soprattutto reintroducendo l'obbligo di utilizzare il seme certificato nel grano duro ai fini del pagamento del premio agroambientale dell'art. 68 della PAC.
Ora la richiesta al Governo nazionale ed alle amministrazioni regionali è spudorata, senza mezzi termini. Gli agricoltori dovranno nuovamente subire l'imposizione. Un premio comunitario istituito con finalità esclusivamente ambientali (si tratta di vincoli di rotazione agraria specialmente) dovrà essere erogato in relazione all'uso di una semente dai risultati teorici miracolosi ma che stranamente solo in pochi adottano (tutti scemi 'sti agricoltori, evidentemente).

 L'impiego di seme certificato comporta un incremento dei costi di produzione di solo l'1%, ma i vantaggi che assicura all'agricoltore con la qualita' e sanita' del seme utilizzato e soprattutto all'intera filiera in termini di identita' e tracciabilita' delle produzioni non possono essere assolutamente contestati o respinti"
Ecco, se non ci fosse la precedente affermazione palesemente priva di fondamento, non mi sarei mai sognato di interferire con le azioni di lobbing, più o meno condivisibili di Assosementi. La frase incriminata è la seguente; "L'impiego di seme certificato comporta un incremento dei costi di produzione di solo l'1%”, mentre tutto il bla bla successivo sta nel campo delle affermazioni vaghe ed opinabili (quindi neanche entro nel merito al momento, ma avrei miriadi di obiezioni). Ma la prima affermazione no, lì ci sono numeri e conti economici. Lì è difficile barare. Proverò, quindi, a dimostrarvi che in nessuna condizione per il grano duro, l’utilizzo della semente certificata incide soltanto per l’1 % delle spese totali di conduzione.
Iniziamo dalla mia situazione personale: i miei costi colturali medi nell’annata 2010-2011 sono stati pari a 250€/ha. Vi sembra poco, forse avete ragione. Ma se qualcuno ha dubbi posso rapidamente dimostrargli come arrivo a tale cifra. L’aggravio di costo della semente certificata è quantificabile, invece mediamente in Sicilia pari a €30/ha (ma può raggiungere valori anche superiori). Così ottenuti + 15 €/q della semente certificata rispetto alla semente aziendale svecciata, per un utilizzo medio di 2 q/ha di semente= €30. Nel mio caso dunque l’incidenza del maggior costo della semente certificata rispetto al mio totale costi colturali sarà pari al 12%. Un valore ben distante dall’1% dichiarato dai sementieri. E che naturalmente ha un riflesso significativo sulla mia economia aziendale.
Ma ipotizziamo pure che i miei dati siano privi di alcuna veridicità, o frutto di particolari condizioni straordinarie. Prendiamo in considerazione l’articolo dell’informatore agrario in supplemento n.15/2010, dal titolo “Dilemma 2010: seme certificato o aziendale” a firma di Carla Corticelli dell’Unione Seminativi Roma. Nell’articolo si riporta un aggravio di costi reali per il seme certificato pari a 16-20€/ha (cifra onestamente troppo bassa a mio avviso, sfido qualsiasi agricoltore dalle medie capacità a dimostrarmi una differenza così esigua) che se proporzionata alla affermazione di Assosementi (ovvero l’aggravio per il seme certificato è pari all’1% dei costi totali) implicherebbe un costo colturale totale per ettaro pari a 1600-2000 €. Francamente una cifra totalmente fuori dalla realtà per chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la coltivazione del grano duro.
Proviamo una situazione media, infine, con costi per ettaro pari a 500 €/ha (quanto solitamente riportato nelle riviste specializzate negli areali siciliani) ed un aggravio della semente certificata pari a 25€/ha (una sorta di media tra Corticelli e me), ebbene anche in questo caso la percentuale è superiore a quanto dichiarato da Assosementi: risulta pari al 5%.
Insomma io vorrei semplicemente capire come Assosementi fa i conti; se qualche operatore fosse in grado di spiegarcelo farebbe cosa gradita ai lettori del blog ed all’agricoltura tutta. 
Naturalmente qualora fosse risolto l'arcano mistero sarò pronto a pubblicare un compensatorio articolo di rettifica, con annesse scuse e cospargimento di cenere sul capo.

Saluti

P.S. Gli aggiornamenti sulle quotazioni del duro si trovano nei commenti di 

Monitoraggio duro, passo passo: Il momento è delicato!


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